giovedì 13 febbraio 2014

L'isola dei giocattoli difettosi

Le porte della notte si erano aperte da poco. In cuor mio sapevo di non doverci sperare più di tanto, ma lo feci ugualmente. Per quello mi ritrovai per la strada, con un ritmo pop qualsiasi alle orecchie a farmi compagnia (falsa compagnia, serviva solo a farmi avere un passo veloce), la brezza gelida che penetrava attraverso il colletto sbottonato della camicia. Mi sentivo così piccolo, alle 4 di notte in giro per Roma, da solo. Eppure è stata una delle mie esperienze più belle della mia vita.
Il freddo diventò ancora più pungente quando iniziò a piovere, in testa solo il suo rifiuto, ed il pensiero di chi avevo perso. Non sentii le gambe stanche, ne tanto la musica. Sentivo freddo ovunque. Il fegato si comprimeva a mo' di pugno, e premeva sullo stomaco, sembrava stessero facendo a botte. Poi un batticuore improvviso, il mal di stomaco non era opera del rifiuto, ma della serata e dei miei pensieri che si accoppiavano confusamente nella mia testa. I locali non sono ciò che di più accogliente esiste al mondo, diciamolo, e devi avere stomaco per entrare in certe dinamiche. In tutta la serata ero circondato da falsi miti quali il rilassamento muscolare, l'apertura dei pori ed il benessere della pelle e della persona.
Invece ero sull'isola dei giocattoli difettosi. Ce n'erano che vagavano senza meta, alcuni cercavano un padroncino, altri erano giocattoli che volevano giocare con altri giocattoli. Giocattoli vuoti, usati, senza aspettative, col biglietto d'ingresso per entrare sull'isola che li farà sentire soltanto più soli. Essere vuoti insieme non significa riempirsi, significa sciacallare quanto di più buono c'è nel prossimo e farlo tuo, svuotare le poche briciole rimaste di un contenitore già vuoto, di un tesoro già saccheggiato.
Omologati tutti, da una chiave appesa al collo o al braccio, il nostro numero di riconoscimento, la nostra via di fuga per tornare alla vita vera. Quella in cui sei in costume e devi recitare la parte di essere pensante e acculturato, il tipo di persona con dei principi che non farebbe mai determinate cose.
E di nuovo vorrei accontentarmi di manichini vuoti, di corpi senza volto e senza nome, per sentirmi almeno qualche volta compreso da qualcuno che sarà solo più vuoto di me.
Arrivato a Termini entrai nel treno che mi avrebbe riportato a casa, era completamente al buio e solo i fari esterni illuminavano i sedili che sembravano i posti più comodi e puliti dell'universo. La musica alle orecchie non mi fece rendere conto di quanto anche lì fossi solo, mi addormentai e svegliai di continuo con l'ansia che qualcuno avesse potuto farli del male, a quell'ora della notte, da solo in un treno completamente buio. La certezza di tornare a casa alle sei del mattino non mi rincuorava più di tanto, avrei preferito dormire su una panchina che tornare a casa a quell'ora e cercare di inventare una storia credibile e plausibile sul perché fossi tornato a casa ad un orario tanto indecente. Però, per quanto quella solitudine faceva male, per quanto mi spaventasse, mi ci cullavo comunque e ne posavo sopra tutte le mie considerazioni della serata, e la tristezza che ne derivava. Tutto quel senso di inadeguatezza non lo sentii addosso, perché lo appoggiai sopra a tutta la situazione che si era creata, all'ansia e inquietudine della notte, che erano problemi decisamente più grandi di quello che mi succedeva dentro.
Come quando ti rompi un dito per non sentire la gamba spezzata. Il dolore più grande usato come culla per i dolori più piccoli, ed il completo spegnimento di emozioni e dell'individuo stesso per un'oretta o due, fecero sì che quella sera fu in contemporanea la serata più sola e più bella della mia vita.

martedì 11 febbraio 2014

Voglio non volere una coscienza

Puntuale come un orologio eccomi qui, ogni tanto torno. Cosa ho imparato oggi? Non amare troppo, non sperarci troppo, non crederci troppo, poiché quel troppo un giorno farà troppo male. Sono sempre frettoloso e corro sempre verso la direzione sbagliata. Mi fermo un po'.Si può andare avanti anche da fermi.
Ho conosciuto un sacco di persone in questo periodo, certe splendide e certe mediocri, pochi stronzi. So fortunello. E' passato un anno ormai e ho fame di cuore.
Non voglio persone troppo razionali, neanche troppo emotive. Di emotivo basto io, di razionale ho ben poco. Non voglio persone grandi, ne piccole, il divario generazionale non mi spaventa, le pretese caratteriali e ruolistiche sì. Non voglio persone che non sanno relazionarsi con gli altri, ma neanche gli esperti psicologi de sta minchia. Uno si preoccuperà troppo dei suoi atteggiamenti, credendo di sbagliare, l'altro analizzerà troppo i tuoi, facendoti sentire in perenne scacco.
Non voglio persone credo.
Pretendere relazioni con esseri diversi da noi è un vizio. Il sesso mi fa schifo. Intorno a me vedo solo manichini, mossi da istinti animaleschi o da grandi sogni che pensano di avere, non avendone davvero. Lo pretendono soltanto. Vedo persone che sprecano la propria vita rincorrendo passatempi, e che si sentono soddisfatti da qualche rapporto umano a cadenza settimanale. Ogni tanto mi vedo anch'io.
Ho voglia di vomitare tutto lo schifo che questi occhi hanno visto, che la mia mente ha partorito, e specchiarmi in quella lurida pozzanghera piena di promesse vuote e paranoie infondate, di pregiudizi stupidi e cliché alienizzanti.
In questo momento ho solo voglia di dormire e di non svegliarmi più, di vivere in un mondo che non ha pretese verso di me, di vivere in un mondo in cui io in prima persona non ho pretese sul mondo, dove non ci sono regole né imposizioni di alcun tipo. Voglio rinascere carne da macello, e raggiungere i miei obiettivi senza sforzi.
Voglio apparecchiare la mia mente per qualcosa di nuovo. Non voglio vivere, ma respirare senza ansie. Voglio il manuale d'istruzioni del mio marchio di fabbrica. Voglio le percentuali dei miei fabbisogni, voglio non dovermi sforzare per capire di cosa ho bisogno.
Vorrei essere stupido, semplice, vivere di soli bisogni, istinti, e non di coscienza.

domenica 2 febbraio 2014

The Hill

Walking up the hill tonight
and you have closed your eyes,
I wish I didn't have to make
all those mistakes and be wise.

Please try to be patient
and know that I'm still learning.

I'm sorry that you have to see
the strength inside me burning.


Where are you my angel now?
Don't you see me crying?
I know that you can do it all
but you can't say I'm not trying.
I'm on my knees in front of him
but he doesn't seem to see me
but all his troubles on this night
is looking right through me
and I'm letting myself down
by satisfying you
and I wish that you could see
I have my troubles, too.


Looking at you sleeping,
another man I love.
I'm sitting here weeping
while the hours pass so slow.
I know that in the morning
I have to let you go
and you'll be just a man
once I used to know.
Before these past days
someone I don't recognize
This isn't all my fault.
When will you realize?

Looking at you leaving,
I'm looking for a sign